LUCA GIORDANO (Napoli 1634 – 1705)
Amore e vizi disarmano la Giustizia
Olio su tela
cm 204 x 252

Luca Giordano è inizialmente sensibile alla pittura tarda di Ribera ma presto lascia Napoli per visitare Roma, dove viene in contatto con le opere di Pietro de Cortona, e successivamente Firenze e Venezia. In questa città subisce il fascino della grande tradizione veneta ed impara a declinare la sua tavolozza con le assonanze coloristiche dei maestri veneziani.

Il ritorno a Napoli nel 1653 coincide con una evoluzione di Giordano verso lo stile barocco, ben rappresentato dalla presenza nelle collezioni napoletane di pittori come Rubens e Poussin. La lunga permanenza del pittore nella citta natale gli permette di conoscere e rielaborare il senso luministico espresso dal pittore caravaggista Mattia Preti.

Viaggia ancora nel 1665 rivisitando le città di Firenze e Venezia e nel decennio successivo matura in lui, e si fonda in perfetta sintesi, l’espressione cortonesca e lo stile barocco. È un momento molto felice per la produzione del pittore che lavora alla stesura di grandi composizioni di notevole equilibrio espressivo e coloristico (Cupola di Santa Brigida (1678), San Gregorio Armeno (1679), affreschi della biblioteca e della galleria di Palazzo Medici-Riccardi a Firenze (1682/85).

La sua evoluzione pittorica lo spinge a questo punto, verso un progressivo dissolvimento della forma e ad una evidente sottolineatura di valori luministici in cui si sofferma producendo dei virtuosismi pittorici. Dopo un decennio spagnolo (1692) dove dipinge opere grandiose per la corte (Escorial, Casino del Buen Retiro), per il clero (Monastero di Nostra Signore a Guadalupe) e per i privati, ritorna a Napoli nel 1702 per dipingere gli ultimi capolavori destinati al presbiterio di Santa Maria Egiziaca ed alla decorazione della grandiosa cupola del Tesoro della Certosa di San Martino.

Il dipinto qui presentato raffigura il tema della Giustizia Disarmata. È una grande composizione allegorica, tipica della vasta produzione dell’artista in cui, suggestioni cortonesche si inseriscono sul precedente momento di ispirazione veneta rintracciabile nella materia fluida e sottile, nel leggero sfumato delle vesti e nella carnosità dei visi. La tonalità dorata e trasparente che avvolge le forme e diluisce i colori, contribuisce a costruire un’atmosfera dall’indubbio sapore barocco.

Il dipinto è in prima tela e si presenta in ottimo stato di conservazione.

OPERA NOTIFICATA

Provenienza: Castello Ratti-Opizzoni, Tortona – Val Bordera

Bibliografia: 

– O. Ferrari – G. Scavizzi – Luca Giordano, Nuove Ricerche e Inediti, pp.48 (A098), 53, Electa Napoli, 2003

– Renato Allegri – La feudalità Torinese: i Rati Opizzoni, Alessandria 1973, S.I.P