JACQUES COURTOIS detto il “BORGOGNONE” (Saint-Hyppolite 1621 – Roma 1676)
Battaglia antica in una vallata
Olio su tela
cm 166 x 242
Questa affascinante ed enigmatica “Battaglia”, sconfinata pugna eroica, tumultuosa ed incalzante nella sua intrecciata e fitta mischia di combattenti, quanto equilibrata nella loro orchestrazione, così intimamente innestata nell’ampio sfondo paesaggistico, nel quale pare distendersene l’impeto avvolgente, così da generare come un riflesso nelle nuvole che si alzano nel cielo, si pone come un capolavoro assoluto del Borgognone, ponendo però allo stesso tempo altri quesiti circa i modi e i tempi della sua esecuzione. Infatti l’analisi tipologica ci riconduce convincentemente alla sua mano, data la possibilità di riscontrane la sua autografia, esaminando stringenti raffronti per varie singole figure, una volta isolate dal loro contesto, così come propria del maestro francese è la capacità d’incastrare i tanti elementi delle masse figurative, pur mantenendone sempre una loro chiara leggibilità. Ovvero quella capacità di trasmettere allo spettatore la veridicità dell’evento bellico, sin quasi a renderlo partecipe, che costituì poi la chiave del suo successo. Quindi di fronte ad una esplicazione di tali doti così ampia, potremmo dire già esaustiva dei propri mezzi, quanto perfettamente controllata, dovremmo essere indotti a considerare questa “Battaglia” un esempio della maturità, venendo però contraddetti da altre considerazioni.
La battaglia si svolge all’arma bianca, non per una libera scelta del pittore, ma in conformità alla sua ambientazione storica, che, anche se, almeno per il sottoscritto, non risulta agevole connetterla a un preciso evento biblico o ‘classico’, riporta alla storia romana o presumibilmente più indietro nei secoli, come indica genericamente lo scorcio del tempio posto sulla sinistra. Elemento quest’ultimo però impiegato abitualmente quale quinta introduttiva, già prima del Courtois, dal Cerquozzi, da cui lo media probabilmente il Borgognone, che del caposcuola romano fu considerato come un erede ufficiale, sulla scorta del passo del Baldinucci, il quale scrive che Michelangelo, avendolo visto dipingere una “battaglia” ordinatagli dal conte di Carpegna, “ne lodò poi in privato quella maniera”.
Ma, più che al Cerquozzi, è a Salvator Rosa che si riconnette più intimamente questa “Battaglia”, nella cui parte destra si assiste alla ritirata di una delle due ‘parti’ in campo, che prosegue sino allo stretto canalone che si apre a fianco del curioso promontorio, nella cui opposta delineazione si potrebbe essere tentati di vedere un profilo leonino. L’esercito che ripiega decisamente, incalzato dai prorompenti oppositori, è guidato da un re presumibilmente antagonista di un esercito cristiano, considerando la piccola mezzaluna issata sulla sua asta. Un personaggio relegato però in secondo piano, essendo l’epicentro della battaglia focalizzato sullo scontro tra il cavaliere che, sul suo destriero bianco impennato, sta per esserne sbalzato, tirato per un lembo del suo mantello dal suo avversario con lorica dorata ed elmo piumato di rosso. Episodio che appare essere quello decisivo della “battaglia”, ‘recitato; evidentemente dai condottieri dei due eserciti, che, anche se al momento non identificabili, emergono quali protagonisti della scena, contravvenendo a quel nuovo concetto della “battaglia senza eroi”, coniato dal Saxl (1939) per il Falcone, ed in effetti poi prevalentemente seguito dai moderni “battaglisti”, quali pittori di genere, alla stregua dei “naturamortisti” e dei “paesaggisti”.
Quindi abbiamo delle indicazioni contrastanti ai fini di una collocazione cronologica di questa “Battaglia”. Ma è chiaro che essa è stata occasionata da una precisa rilevante committenza, che ne ha motivato una singolare esplicazione, comportante anche un ampio formato, non tanto frequente nel catalogo del Courtois. Per cui circa i tempi della sua esecuzione, ribadendo la difficoltà di scalare cronologicamente la intensa produzione del Courtois, mi pare utile puntualizzare altri aspetti salienti che caratterizzano questa singolare rappresentazione. Oltre all’ascendente del Rosa, già sottolineato come una fonte essenziale per la maturazione del Borgognone, emerge anche un’attenzione per il Falcone, rilevabile pure in sue opere sicuramente avanzate, ed all’opposto una considerazione per il filone ‘conservatore’ nell’esplicazione seicentesca di questo genere, rappresentato soprattutto dalla “Battaglia di Costantino” di Pietro da Cortona, riedizione aggiornata dell’affresco di Giulio Romano. Fattori che ci portano a una fase non avanzata, ma anche ad escludere un’esecuzione giovanile, contrassegnata da un tratto stilistico e pittorico più attento e preciso, legato alla sua origine e all’influenza di pittori nordici quali l’Asseljn, da lui già conosciuto a Firenze prima dell’arrivo a Roma, o dello stesso Cerquozzi. Una prima fase ben esemplificata dalle due coppie delle gallerie romane, la Capitolina e la Spada, di certo tra le sue prime specifiche commissioni romane, come giustamente esposto da E. L. Holt nel suo ancora basilare articolo sul Courtois del 1969 (The Jesuit Battle-Painter: Jacques Courtois (le Bourguignon), Apollo, march 1969).
La nostra “Battaglia” è invece caratterizzata da un fare più largo e sciolto, con un’esecuzione di prima – in cui si avverte il determinante apporto della cognizione delle grandi “battaglie eroiche” del Giordano – già rifinita però da quelle sue tipiche velature cromatiche, essenziali nella sua veste pittorica e per l’evidenziazione dei particolari. Ma l’aspetto che risulta veramente singolare, anche a confronto di opere di analoga vasta spaziosità, come le quattro “battaglie medicee”, è l’ambientazione paesaggistica di un così vasto ed avvolgente respiro. È utile rimarcare che inizialmente l’interesse di Jacques era volto parallelamente alla “battaglia” e al “paesaggio”, come sottolineato dall’Holt con la pubblicazione di due suoi “Paesaggi” (figg. 6 e 7) delle collezioni Wemyss e Liechtenstein, nei quali la resa realistica delle figure è assorbita nella visone paesaggistica quasi preromantica, in cui si avvertono chiari gli echi del Dughet e del Rosa. Così pure lo studioso americano notava acutamente che l’ampio scenario sullo sfondo della “Partenza per la battaglia” dell’Alte Pinacotek di Monaco (art. cit., fig. 4) richiama le “Claude’s endless vistas’. Questo aspetto non è mai stato ripreso nella debita considerazione dalla critica, anche se proprio a Roma nella Galleria Colonna sono conservate altre due notevoli prove paesaggistiche di Jacques – pubblicate dal sottoscritto (1999, figg. 9-10, pag. 163), purtroppo collocate in alto, in un’infelice posizione, che concorre a farle passare inosservate – una delle quali, mi riferisco alla “Battaglia” che forma la coppia con una “Scena di caccia”, attesta significativamente la predisposizione paesaggistica del Borgognone e per di più mostra spiccate affinità al ‘nostro’ dipinto.
In quest’ultimo tuttavia a fare da sfondo alla “battaglia” è la vastità spaziale, che nell’avvolgersi delle nuvole sulla destra pare stemperare il moto delle vaste masse in movimento. Una risonanza evidentemente studiata per la rappresentazione di un evento eccezionale, almeno negli intenti della committenza e nella corresponsione del pittore, che possiamo trovare solo nella serie delle quattro “battaglie medicee”. In esse però non è dato di recepire quell’afflato e quell’intima commistione tra il rappresentato e lo spazio che permea la presente “Battaglia”, pur consentendoci di indicarne una convincente datazione allo stesso periodo, da puntualizzarsi quindi durante quegli anni di intenso travaglio che colpirono il pittore dopo l’improvvisa e per certi versi misteriosa morte della moglie Maria Vaiani: avvelenata da lui, come insinuato dall’Orlandi, non trovando ciò però la minima conferma presso i precedenti, quindi più attendibili, biografi. I rapporti con la moglie si erano comunque già precedentemente incrinati, per cui la sua improvvisa morte gettò il pittore in un profondo sconforto, inducendolo a varie peregrinazioni in Europa, prima di entrare nell’ordine dei Gesuiti a S. Andrea del Quirinale nel dicembre del 1657 a soli trentasette anni. Un periodo di travaglio che non gli impedì di continuare a svolgere una sostenuta attività, durante la quale realizzò quattro “Battaglie” dall’Antico Testamento, eseguite a Venezia per il doge Nicola Sagredo. Opere al momento perdute, ma che comunque sono annotate come dipinte su cuoio (tecnica di cui ho avuto modo di esaminare un suo pregevole esempio). A contraddire le considerazioni di A.L. Saxl delle “battaglie senza eroi” dipinte dai primi capiscuola, Cerquozzi e Falcone, e poi ancora prevalentemente pure dal Courtois, questa “battaglia” presenta i suoi due eroi ben emergenti al centro della scena, anche se al momento essi rimangono anonimi, per ignoranza del sottoscritto, alla cui prolissa scheda forse potrà seguire qualche aiuto in proposito.
Giancarlo Sestieri